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      In questo atteggiamento lo trovò il sacerdote D. Pietro, a cui era stato commesso l'uffizio di raccogliere i segreti della sua vita e reggerlo negli estremi momenti.
     
      IV
     
      La nuova dell'arresto di Giulio e della condanna contro di lui profferita si era già divulgata per tutto il paese, ed era anche pervenuta all'orecchio del padre d'Isabella che restò come colpito dal fulmine. Non solo doveva piangere sulla sorte di Giulio, ma doveva tremar eziandio per la vita d'una figlia che, nel volgere di poche ore trabalzata dal sommo della felicità nell'abisso della sventura, o sarebbe morta all'istante o impazzita. Per non trafiggerle il cuore d'un colpo, sforzandosi di celare in parte il suo turbamento e cordoglio, se le fece dinanzi, e dopo averla abbracciata con tutto il trasporto dell'amore paterno, le disse: — Figlia mia, vorrei farti felice a costo del mio sangue e nol posso. Il Signore ha voluto provarti colla sventura, e tu rassegnata benedici a quella mano celeste che per segreti suoi fini t'empie l'anima d'amarezza. Il tuo Giulio fu accusato come un partigiano, un esploratore dei D'Oria, e Dio sa come finiranno le cose: a noi intanto non è concesso vederlo, e nulla potremmo fare per lui — speriamo nella misericordia infinita. Figlia mia, la prudenza mi consiglia di ritirarci nella nostra campagna, perché la dimestichezza che passava tra noi — potrebbe fruttarci nuovi dispiaceri e maggiori. Là se non altro potrai piangere liberamente fra le mie braccia e sul seno di tua madre.
      Mentre egli diceva queste parole, il volto d'Isabella mutò colore piú volte, tremò la poverina come per un assalto improvviso di febbre e svenne nelle braccia del padre.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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