Le rovine dell'infelice città giacciono alla sinistra del fiume circa un miglio e mezzo sopra la foce.
Era un bel tramonto di autunno, ed io vagando per que' malinconici campi, meditava la caducità delle umane grandezze, cercava di ritessere un glorioso passato, svincolatomi dalle viltà del presente, popolare quelle rovine, tener ragionamento con gli antichi dominatori di quelle contrade, quasi fossero a me legati da vincoli arcani. In ogni prunaio, in ogni sasso, in ogni contadino che sospettoso mi passava da canto, io raffigurava qualche cosa di sacro. Assorto in tali contemplazioni, non m'avvidi che il dì se n'andava, e cadevano piú risentite giù l'ombre: anzi, caldo ancora la fantasia delle fresche letture, io vedeva tutte le cose a me intorno animarsi. Bella e fiorente per vivezza di traffico e, quale Strabone la dice, signora del mare, vedea sorgere Luni: mi passava dinanzi lo spettro dell'indovino Taigete(16) e d'Aronte in quella strana attitudine in cui lo descrive la terribile penna del nostro maggiore poeta. E d'uno in altro pensiero portato, io vedea schierarsi a me innanzi l'ombre d'Aulo Persio Flacco che venia forse a visitare il suo nido nativo, e dei Malaspina ch'ebbero in signoria quel paese e lo popolarono di tante castella: ad ogni soffio di vento mi pareva udire il gemito di Guido Cavalcanti e degli altri Bianchi fiorentini ivi balestrati in esilio: ravvisai l'ombra di Uguccione della Fagiola, l'uomo che di immane armatura copria le membra giganti, e colla fiera sua guardatura bastava a scombuiare un esercito: parvemi udire i pietosi salmeggiamenti di frate Ilario ed il fremito dello sdegnoso Alighieri, ed esuli pur di Firenze raffigurai gli avi di Buonaparte.
| |
Strabone Luni Taigete Aronte Aulo Persio Flacco Malaspina Guido Cavalcanti Bianchi Uguccione Fagiola Ilario Alighieri Firenze Buonaparte
|