— La messe, egli soggiunse, è assai vasta, e già molto innanzi è la notte. Domani io ti sarò guida a quelle rovine, e poscia cercherò satisfarti in ciò che sí vivamente stuzzica la tua curiosità.
Benché stanco del viaggio e pieno di sonno, io seguitai mio malgrado il suo divisamento, e mi gettai sovra un morbido letto, desideroso già che albeggiasse.
III
ROVINE
Desertae maenia Lunae.
LUCANO(23).
— Vedi, mi diceva cammin facendo l'amico, vedi gli Apuani, famosi per i lor marmi: appiè di queste rocche è Carrara. È fama che lassù Aronte avesse per sua dimora una grotta, in cui traeva gli oroscopi. Dante istesso, il fedele pittore de' luoghi tradizionali, accenna a questa opinione del popolo. Egli finge di ritrovarlo all'inferno, che oppone le sue reni e la sua faccia al ventre di Tiresia, andando ambedue all'indietro col capo travolto:
Aronta è quei ch'al ventre gli s'atterga,
Che ne' monti di Luni, dove roncaLo Carrarese che dissotto alberga,
Ebbe tra bianchi marmi la speloncaPer sua dimora: onde a guardar le stelle
E il mar non gli era la veduta tronca(24).
— Di questo celebre indovino non dura oggimai che il nome nel volgo, ei continuava: il resto di lui è dominio della storia e della poesia. Noi sappiam da Lucano, che, quando fuggito Pompeo da Roma per l'appressarsi di Cesare, apparvero portentosi prodigi, ed il senato, per placare gli Dei, trovò espediente di chiamare un qualche aruspice che apprendesse loro i riti ed i scongiuri onde placare lo sdegno celeste. La scelta cadde sopra Aronte; e le cerimonie da lui operate, si leggono a lungo descritte dall'autore della Farsaglia(25).
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