Intanto, seguitando la via Romana, giungemmo in luogo ove il terreno ingombro di sassi e d'infranti edifizi, da cui colla velocità del baleno si lanciavano nelle vicine siepi i ramarri, accusavano che quivi in remotissimi tempi sorgeva una città. Infatti, alla distanza circa di un miglio, in luogo che chiamano il Portone, vedemmo colonne, capitelli e i frammenti d'un'antica inscrizione. Una seconda pure me ne fu mostrata nella chiesuola di San Lazzaro, ned io curai trascriverla, ghiotto com'era di popolari memorie, non di archeologiche indagini. Presso un sito che dicono Mano-di-ferro, lontano circa tre miglia, ci mettemmo per una viuzza che ancora chiamano Luni: ivi abbondano in gran copia sassi, frantumi, rovine: e ci arrestammo a sinistra sovra tre nuclei di sepolcri e sugli avanzi di un'antichissima strada, che vogliono fosse l'Aurelia od altro tronco che la Claudia congiungesse alla stessa. Nuove macerie ci funestarono il guardo lungo la via d'Orto nuova, ove ravvisammo un sepolcro o, secondo altri, un faro che illuminava il minor porto di Luni, di cui forse or la Seccagna è il cratere. Vedemmo nella villa Olandini gli avanzi del Colosseo, di cui poco piú resta, dopo lo spoglio fattone dal cardinale Calandrini, che decorò di que' marmi una sua cappella in Sarzana. Travagliati da un mesto pensiero a quell'aspetto funesto, non ci cadde neppure in mente la questione tanto ventilata fra i dotti, se questo Circo appartenga veramente ai tempi degli Antonini, od ascenda ad epoche anteriori a Roma: ché anzi, proseguendo la via, trovammo nuove rovine di bagni, di case, di tempi, ed a levante le reliquie di un semicircolare teatro, ove trovaronsi già scudi, statue, bronzi, candelabri ed altri antichi ornamenti.
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