Dopo acerrimi contrasti, dopo fieri e gravi tumulti, la Repubblica fu costretta, suo malgrado, a convincersi, che era troppo malagevole impresa il voler annientare diritti constatati da una lunga antichità, sui quali riposava l'esistenza e l'agiatezza d'un popolo.
Questi furono i preliminari di una tragedia, che l'alternarsi dei secoli e delle vicende non potè cancellare dalla memoria degli Ovadesi; d'una tragedia, la cui tradizione è cosí generale e concorde, che diresti quel fatto da pochi lustri avvenuto. Ma non è a farne le meraviglie, perché affermano molti vecchi d'averne avuto contezza da qualche antico manoscritto, il quale non sappiam dire se sia stato per caso smarrito, o accortamente disperso.
Tanta fermezza d'un pugno di terrazzani lasciò un amaro corruccio nella Repubblica genovese: tuttavia non ebbe coraggio di sottometterli al giogo colle armi, perché ben s'avvedeva che nulla avrebbe mai potuto giustificare un atto di sola ingordigia e di prepotenza. Ma forse questa considerazione non l'avrebbe contenuta gran tempo ne' limiti del dovere e distolta dagli eccessi arbitrarii, se una ragione piú forte non l'avesse consigliata a temporeggiare, aspettando piú opportune occasioni. Confinava il territorio degli Ovadesi coi dominii dei marchesi di Monferrato, e perciò non si volea molta politica a prevedere che si sarebbero gettati in braccio ai medesimi, dove la Repubblica si fosse ostinata ne' suoi irragionevoli propositi; e per questo motivo principalmente si piegò a confermare le convenzioni primiere.
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