Intanto si spalancano le sepolture, e bellissime inermi giovanette non temono di calarvi entro, per cercare un asilo tra le ossa dei padri loro, fra le tenebre della morte; altre si avviticchiano agli altari, o corrono ad appiatarsi nei piú secreti penetrali, e negli imi dei sotterranei dell'edifizio. Ma tutto è invano; vana la resistenza dei giovani, e vana la fuga delle fanciulle; l'Arabo crudele, avido di tesori e di sangue, armato di faci penetra nelle tombe, le profana con voluttà oscene e con sangue; fruga tra i cadaveri, recide alle morte donne la lunga capigliatura, strappa dalle lor dita inaridite l'anello nuziale; nulla v'ha di sacro e di terribile a quella prima ira de' saraceni. Imagini il lettore questa scena; noi non abbiam cuore di piú oltre descriverla. Già le fiamme dell'incendio penetrarono nell'interno della chiesa; le colonne tremano, i marmi si spezzano, la vôlta stessa vacilla; da quell'involto di fiamme e fumo spiccano baleni a guizzo, rumori orribili, rintronanti, simili a scoppi di fulmine da un gruppo di nugoloni, gravidi di tempesta, strascinati dalla bufera. Di lì a poche ore piú non rimase di quel gran tempio, che ceneri insanguinate, ossami abbrustalati e frammenti di colonne. Ma l'angiolo della vendetta susciterà quelle ceneri, quelle fiamme, e rovescierà il calice dello sterminio sulla testa dell'invasore.
V
L'Italia era piena di esuli miserandi, scampati a stento dalle stragi di Sardegna e di Corsica, isole che i saraceni aveano occupate, e spargeano per ogni dove il terrore del nome musulmano; Genova e Pisa che piú dell'altre città italiane odiavano i barbareschi e ne erano di pari odio ricambiate, accolsero i fuggitivi e meditavano le vendette, "Benedetto VIII, allora pontefice, scrive il Serra, aggiunse le sue esortazioni; comune era oltreciò l'interesse e fu comune l'impresa.
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