Ma non tutti i ladri e gli avventurieri scomparvero con Muset; nè tutti ebbero la grandezza dell'animo suo. Le potenze barbaresche, stabilite a Marocco, in Algeri, in Ispagna, a Frassineto cominciarono una orribile pirateria che continuò a funestare i mari fino sullo scorcio del secolo XVIII. L'indolenza egoistica e le discordie intestine dei principi cristiani permisero che la mezzaluna si inalberasse sul gran tempio di Santa Sofia, che la città metropoli di Costantino, la chiave di tre mari, diventasse capitale di Maometto. Non dobbiamo però credere, che in sí lungo intervallo di tempo, i saraceni non ricevessero qualche severa lezione dalle armi dei cristiani. Le ascie dei Franchi li percuotevano orrendamente a Tours, e Carlo Martello salvava la Francia, forse anche l'Europa tutta, dall'Islamismo. I Genovesi li scacciavano da tutte le isole dei nostri mari; espugnavano Almeira ed altre città in Ispagna. L'eroe dell'Epiro, Scanderbeg, contende loro, passo a passo il terreno di Macedonia, e comincia quella guerra, che riesce finalmente alla libertà della Grecia. Carlo V passa piú volte i mari, li rompe a Tunisi e in Algeria. Ma la battaglia che dovea percuotere piú fieramente le forze navali dei mussulmani, è quella combattuta nel golfo di Lepanto. Don Giovanni d'Austria e Andrea Doria ruppero e predarono la loro armata; e se l'intrepido Giovanni d'Austria, supremo comandante della flotta cristiana, fosse corso in quel primo impeto della vittoria sopra Costantinopoli, come egli disegnava, avrebbe forse scacciato d'Europa i mussulmani, attoniti e costernati a quella gran rotta.
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