Ma l'impresa riuscì a male; parte perirono in guerra, parte si arresero a discrezione e furono venduti come schiavi.
Filippo il non cadde d'animo. Il Duca di Medina-Coeli, governator di Sicilia, partiva da Messina nel mese di ottobre 1559 con una flotta di duecento galere raccolte dai Genovesi, dai Fiorentini, dal Papa, dai Cavalieri di Malta, con quindici mila soldati di sbarco, cioè nove mila italiani, cinquemila soldati Spagnuoli e mille Tedeschi; e questa seconda impresa, cominciata con felici auspizii, ebbe esito lacrimevole per imperizia del comandante supremo di Medina-Coeli. Il fatto piú glorioso della guerra, fu l'eroica difesa dello spagnuolo Alvaro de Sandi, il quale, vistisi morti all'intorno tutti i soldati e sè stretto d'ogni parte dai barbari, si fece largo tra la calca dei Turchi colla spada alla mano, e, guadagnato il lido, si cacciò in un navilio, dove vi si difese per lunga pezza. I giannizzeri, pieni d'ammirazione a tanta prova di valore, lo pregarono a cedere; ma egli non volle rimettere la sua spada, che a Piali, compagno di Dragut. Il gran stendardo dell'esercito spagnuolo, rappresentante Cristo in croce, fu mandato a Costantinopoli insieme alle galere cristiane, che veniano rimorchiate dai vascelli turchi, prive di timone e di antenne.
Finalmente a tanti insulti dei barbareschi, Andrea Doria si riscosse, a guisa di leone che, infastidito ne' suoi riposi da un branco di cani, degna risentirsi e mena a tondo un fendente di coda. Era l'ora del tramonto, e già cominciava a levarsi quella brezza che i naviganti sogliono aspettare per aprire le vele e mettersi in alto.
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