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      — Se v'ha in questa casa qualche cosa che ti affligga, o Baldassarre, perché invece non farne la confidenza alla tua padrona?
      L'accento grave e soave con cui Enrichetta pronunziava queste parole, penetrò il cuore profondamente amareggiato del vecchio soldato, il quale, scoppiando in un singhiozzo, le rispondeva:
      — Voi siete cosí buona, padrona mia, che io quasi non mi vergogno di piangere dinanzi a voi. Non posso dimostrarvi la mia gratitudine, perché io non seppi rivolger mai due parole ad una donna; ma Iddio vi terrà conto della vostra amorevolezza, della gentile sollecitudine con cui vi degnate domandarmi dell'esser mio.
      — Da qualche tempo io ti veggo piú cupo, piú taciturno.
      — Ah questo è un altro affare, signora mia! A dirvela schiettamente, quel brutto ceffo del marchese dell'Aquila, che prese a bazzicare in casa vostra, mi sa male; io gli veggo tra ciglio e ciglio — perdonatemi — il suggello di Caino. Anche il mio cane, cosí mansueto con tutti, corre ad appiattarsi, digrignando i denti, quando vede a comparire quella figura; e il mio cane, siatene certa, sa fiutare il cespuglio dove si appiatta la vipera.
      Queste parole ferirono, piú che non parve, l'attenzione di Enrichetta, la quale, con quella avvedutezza tutta propria della donna, avea scoperto nella fronte e nello sguardo irrequieto del Marchese un non so che di misterioso che la conturbava. Ma non volendo che trapelasse ad altrui sguardo il suo triste presentimento, forse anche per dissuaderne se medesima.
      — Di' piuttosto, soggiungeva sorridendo, che sei innamorato.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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