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      Dovunque era paura e presagio di sinistri avvenimenti.
      L'orologio del castello dell'Aquila avea suonate le dodici di notte. Una larga gradinata scolpita in vivo sasso nell'interno dell'edifizio s'addentrava nelle viscere della montagna e mettea all'aperto per una porta secreta; ed ecco scendere per quella scala un lungo stuolo di scherani piú risoluti e crudeli, ciechi strumenti alla volontà del Marchese. Alla luce sinistra delle fiaccole impergolate che essi brandiscono, distingui, in quella visibile oscurità, una serie d'archi colossali e di vôlte sostenute da colonne smisurate, cui pendono anelli di ferro e catene. Questo sotterraneo che non fu mai rischiarato dal divino raggio del sole, di quante atroci scene non sarà stato muto testimonio! di quali urli disperati non avran forse echeggiato queste vôlte non meno tetre, nè meno misteriose di quelle del sepolcro! L'occhio della giustizia umana non scese mai in questi orribili penetrali di vendette e di tradimenti; qui l'uomo, segregato, diremmo quasi, dalla natura vivente, dimenticò forse ogni vincolo di sangue, ogni dovere che lo lega alla gran famiglia de' suoi fratelli. Se tu potessi penetrar meco tra quell'ordine di colonne che si perdono nell'oscurità, vedresti umani scheletri, alcuni giacenti a terra collo stinco delle gambe e delle braccia incatenato o sospeso, in guisa lacrimevole, ai ferrei anelli raccomandati al granito delle colonne; altri coi denti confitti sui ferri istessi. Solamente lo sguardo dell'Eterno squarcierà queste vôlte; lo spiro della sua vendetta susciterà quelle ceneri.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





Aquila Marchese Eterno