Cosí racconta la storia, che in epoca poco discosta da quella in cui ebbe luogo l'avvenimento che esponiamo, la madre di Boabdil, ultimo re de' Mori in Ispagna, trafugò ai furori del marito il suo pargoletto, giù calandolo per mezzo delle fasce e tra il silenzio della notte, da una torre dell'Albamha.
Nessuna delle guardie del castello si addiede di quanto accadeva, perché da quella parte il torrente e il precipizio abbastanza lo difendevano; d'altronde il frastuono dell'acque e dei venti soffocavano i vagiti del pargoletto.
Baldassarre, informato che la sua padrona si trovava in quella torre, si era colà recato col favor delle tenebre, e avea gettato quel noto fischio per avvertirnela. Quando vide lunghesso il fianco dirupato del castello, a perpendicolo sulla voragine, calare quel bianco involto, sospettò del vero, discese ai piedi della montagna, e lanciò in acqua il fedele suo leone, per raccoglierlo. E diffatti quel buon animale, con tutta l'intelligenza che gli è propria, afferrato, come meglio seppe, il bambino, nuotando vigorosamente, lo ridusse a proda sano e salvo, e lo cesse alle braccia del fedel servo. Baldassarre innalzò gli occhi verso la finestra della torre, e vide la povera Enrichetta che stendea ancora le braccia dall'inferriata per benedirlo. A quell'atto si inginocchiò intenerito, e si ricordò dell'ultima benedizione di sua madre; quindi prese l'erta del monte e si nascose nella foresta.
Enrichetta tese l'orecchio, se mai le venisse fatto distinguere sopra il vento il vagito del suo fanciullo; e come più non intese che il lamentarsi dell'acque e delle fronde, piegò il capo, appoggiò la fronte alle sbarre dell'inferriata, e cosí rimase tutta notte.
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