Egli, pieno di maraviglia e di riverenza, abbassava la fronte al cospetto di quelle forme maestose che a poco a poco lo circondavano, e parea si rallegrassero nella gloria del loro nipote. In mezzo a tutti, soprastante del capo, sorgea Orcano, e parca gli dicesse: — La città promessa dai destini alla nostra stirpe ti sta innanzi; la tua scimitarra, diretta dal destino, è invincibile; tu dei compiere l'edifizio a cui lavorarono i tuoi gloriosi antenati. — Mentre Orcano cosí favellava, un'ombra guerriera gli si facea presso; ed egli, intendendo lo sguardo in quelle sembianze, riconosceva Amurat che poco prima avea tentata ma inutilmente la stessa impresa. Questi accennava col capo, a conferma delle parole di Orcano, e parve incoraggisse il suo successore. Sulla fronte di quelle larve maestose balenava la gioia del trionfo; una sola, avvolta nel mantello, stava cupa, taciturna in disparte; e pareva che dalle tempia e dalla cervice le uscisse sangue a torrenti. Quest'ombra, scuotendosi finalmente dal suo triste raccoglimento, si facea innanzi, e sviluppatasi dal mantello che tutta l'avvolgeva, campeggiava, vestita di ferro da capo a piedi, mirabile e tremenda a vedersi. — Io, io avrei atterrate quelle torri, diceva ella impetuosamente, stendendo il braccio verso le mura assediate, se l'invidia dei destini non l'impediva; e se Tamerlano, strumento d'essi, non si attraversava nel mio cammino.
— Placati, o generoso Bajazet, rispondea Orcano, avvicinandosi maestosamente all'eroe, e godi della gloria d'un tuo successore.
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