Tra i generosi forestieri che accorsero in difesa di Costantinopoli, primeggiava, come altrove accennammo, Giovanni Giustiniani, genovese, uomo superiore ad ogni encomio, per valore di mente e di braccio. Costantino, che avea saputo apprezzarlo dai primi giorni dell'assedio, lo elesse, tuttoché forestiere, a capitano generale; e finché visse quest'uomo, Bisanzio stette. La storia ci presenta al tempo stesso, presso l'eroica imagine di Giustiniani, un Francesco Toledo di Castiglia, giovane d'alti spiriti, che, fidanzato ad una figliuola dell'imperatore, era accorso con una nave in aiuto del suocero. Infelice giovanetto! Altre faci che quelle dell'altare nuziale, altro talamo che quello dell'amore il destino ti preparava! Nell'immenso eccidio d'un'intera popolazione, d'un impero, il tuo nome si è perduto come goccia in un oceano; ma tenterò per un momento ridestarlo dall'obblio, e se non ho potenza di tramandarlo agli avvenire, ti recherò almeno il sincero tributo del mio dolore e della mia ammirazione.
Ma torniamo ai nostri due viaggiatori che solcano a guisa d'ombra l'acqua morta della cisterna.
La bocca di questa via sotterranea mettea capo in un androne, deserto anch'esso e solitario, dal cui fondo partia una larga gradinata, scolpita nel macigno, che andava a riuscire nella parte superiore del tempio di Santa Sofia. Una lampada sospesa alla volta illuminava scarsamente questo passaggio e lasciava travedere una gran porta al sommo della gradinata.
In quella che si aggiravano per oscuri corridoi, che i nostri due viaggiatori dovevano attraversare per riuscir nel cortile della chiesa e quindi mettersi nella via aperta della città, venne loro all'orecchio una lugubre salmodia.
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