Al tempo stesso spiccò nell'aere una nota soave, argentina, che sviluppandosi in altre note, parve un coro d'angioletti che salutassero il giorno e cantassero gli inni dell'immortalità sopra il feretro del giovinetto; e quel concerto di voci celestiali, riunendosi nuovamente in una sola, formò un rimbombo lento, solenne, progressivo, simile a quello del tuono, che svegliò tutti gli eco di quell'immenso edifizio. Era la voce dell'organo, maestosa e triste, che si sposava al canto funebre dei leviti e dei cavalieri.
Eloisa alzò la fronte tutta commossa, e direi quasi rasserenata nell'esaltazione del sentimento religioso che la rapiva oltre ogni umano interesse; cercò tra le file dei cavalieri, schierati intorno al feretro, il suo Giustiniani, e lo distinse finalmente non tanto per le insegne del comando, quanto per la maestà e l'altezza della persona. Che palpito di amore e di vita commosse il petto di Eloisa alla vista del suo Giustiniani, dinanzi a un feretro, nel momento piú solenne della funebre cerimonia!
Distinse poco lungi dal suo fidanzato il proprio padre e quindi a capo di tutta la schiera l'imperatore, l'eroico Costantino, che dovea nobilitare colla sua morte una dinastia tralignata, i supremi momenti di un popolo intiero.
In quella, il vecchio Patriarca, accompagnato dai diaconi, si avanzò dall'altare, e giunto sull'orlo della sepoltura, che al tempo stesso fu scoperchiata da alcuni cavalieri, asperse d'olii santi lo strato tenebroso su cui dovea riposare il cadavere del giovanetto.
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