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      — I popoli, risposero alteramente, non si ricomprano col danaro! e la sua destra, con moto involontario, corse al pomo gemmato della sua scimitarra.
      — Il mio signore, soggiungeva, non combatte per avidità di denaro; ma per accrescere la gloria de' suoi illustri antenati e propagare tra i popoli la luce del Corano.
      — E ben ti apponi, magnanimo giovinetto, soggiungea Costantino; il mio dovere non è quello di riscattar col denaro la salvezza della mia corona; ma di vincere combattendo e di cader col mio popolo.
      E Kaleb, inchinatosi riverente all'uso orientale, si accomiatava.
      Partito l'ambasciatore e sciolta l'assemblea, rimaser soli Costantino e Giustiniani. Dopo alcuni momenti di silenzio, l'imperatore si accostò ad una delle finestre della sala, donde si godea dello spettacolo del porto, del campo mussulmano, e del paese incantevole che sta all'intorno di Costantinopoli. Una striscia di luce, lontan lontano; cominciava a rischiarar l'orizzonte, e la brezza del mattino movea dolcemente le cime dei cipressi di Scutari, le mille banderuole delle navi del nemico accampato. Costantino gettò lo sguardo sul deserto palazzo di Belisario, stupenda mole che si conserva ancora oggigiorno, e parve meditasse sulla sventura di quell'eroe e sulla nera ingratitudine, con cui gli imperatori suoi antenati corrisposero alle gesta di quel grande, che nacque troppo tardi per essere coronato in campidoglio.
      Quindi, quasi oppresso da quella memoria, levò lo sguardo verso il cielo, ove le ultime stelle tacitamente declinavano.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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