Alla fin fine gettò via la clamide imperiale, per sottrarsi all'attenzione dei nemici; piú volte, tra il rimbombo delle artiglierie, tra i fremiti del vincitore e i lamenti del vinto, alzò questo grido, volgendosi a' proprii soldati:
— E non vi sarà alcuno che per pietà mi tolga la vita?
E, pronunciate queste estreme parole, spronò il cavallo nel piú denso dei nemici.
II
Sono le due ore dopo la mezzanotte; ogni resistenza è cessata; Costantinopoli è in potere dei Mussulmani che vi entrarono contemporaneamente da Porta Fanaria e da Porta San Romano. Ora come descrivere i lutti, la fuga, la disperazione degli abitanti? I fuggitivi dai bastioni, dice un illustre storico, abbandonando la difesa della patria e la propria, feriti, coperti del loro sangue e dell'ottomano, tornavano in cerca delle mogli e dei figli, e trovavano deserta la casa, sendosi la popolazione di Costantinopoli ricoverata nei templi, e a preferenza in quello di Santa Sofia, ove confusi stavano e ristretti monaci e religiose, madri di famiglia, donzelle, fanciulli, vecchi, e lo stuolo dei vili che avean sempre scansato di combattere. Anche le porte di quel santo asilo furono atterrate. Oh quale lagrimevole spettacolo si offerse allora agli sguardi! Imprecavano afflitte madri, gridavano sbigottiti i fanciulli; fremeva natura violata ne' suoi affetti piú cari. Ma non per questo si scosse l'avaro ottomano, ebbro della vittoria. Gioventù, bellezza, o credute ricchezze nei vinti, moveano sole la scelta che fatta avrebbero le mani sanguinose dei vincitori in mezzo a quel cumulo di creature umane, divenuto lor preda per diritto di guerra, e perché il loro padrone assentì.
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