Maometto, seguito da visiri, da pascià, da guardie, entrò trionfalmente in Costantinopoli per Porta Romana, e giunto alla chiesa di santa Sofia scese da cavallo e ne prese possesso. Un Muezzino salì alla torre piú alta di quell'edifizio, e chiamò i Mussulmani alla preghiera; si ringraziò Allah in quel tempio stesso dove il giorno prima si era adorata, in modo cosí solenne, la Croce di Gesù Cristo. L'imperatore si recò quindi alla residenza dei Costantini, e percosso alle mutate vicende di quella reggia, alle rovine di quell'impero, erede del Romano, recitò i versi elegiaci del poeta arabo:
Nelle sale dei regi ordisce intantoSue tele il ragno immondo, e dalle vette
Superbe di Eresiab l'infausto canto,
Sbattendo le negre ali, il corvo mette.
Ma bisogna pur confessare, a lode dei Turchi e di quell'età, che il vincitore si diportò verso i vinti con una clemenza ed anzi con una generosità da far onta a certi generali de' nostri tempi. Maometto ricuperò egli stesso da' suoi soldati alcuni illustri prigionieri; permise che i Cristiani conservassero gran parte delle loro chiese, e non si mostrò in volto irato che verso il duca Notaras, uno dei magnati dell'impero Greco, il quale, avendogli gittato ai piedi i suoi tesori per ricomprarsi una turpe vita, Perché, gli chiese torvo il sultano, non li consacrasti a difesa del tuo signore e della tua patria? Talché dobbiamo conchiudere, e sempre a gloria dei Turchi, di cui siamo innamorati dopo quanto ci tocca vedere nel 1848, che la storia non dee giudicare i vincitori dei Greci sulle testimonianze dei vinti, che ivi a poco inondaron l'Italia.
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