Raccomandatela a quel codardo di cappellano, o meglio dire alla Provvidenza! Ma i destini di Guglielmo sono compiuti; sono stanco di vivere, di vagare per terre e mari, stanco dei Turchi e piú dei Cristiani; questo castello è lo scoglio del mio naufragio; qui dobbiamo amendue morire.
— E sia pure, soggiunse Eloisa, sollevando uno sguardo di preghiera all'Eterno; non si pensi piú che a morire e a vender cara la nostra vita!
VI
Il cappellano, cacciato da quell'aspro rabbuffo di Eloisa, era fuggito, piangendo e tutto tremante, nella chiesuola del castello, ove la principessa Irene, nel solenne raccoglimento del suo dolore, passava da per se sola lung'ora della giornata. La faccia paffuta del buon prete, contratta dalla paura e da una smorfia veramente grottesca, cui si atteggiava nel piangere, contrastava in singolar modo coll'angelica fisonomia della vergine, che già sentivasi sollevata a miglior mondo.
— Poveri noi! siamo perduti! non v'è piú remessione; bisogna morire! esclamò il cappellano, gittandosi colla faccia a terra, presso l'altare.
— E se bisogna morire, rispose Irene, imperturbabile nella sublime serenità dell'anima sua — oh rallegriamocene... ringraziamo Iddio!
E le pupille della vergine, vieppiù risplendenti nel pallore delle sue gote, si levarono verso il cielo con tale raccoglimento di tutte le sue facoltà; le sue belle mani, estenuate, candidissime, si strinsero con tale un atto sopra il petto, che l'avresti creduta un angiolo, pronto a spiccare il volo verso le sfere.
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