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      — E non avete paura di cader viva nelle mani degli infedeli? E morir cosí giovane!
      — Dopo la morte del mio Toledo non sospirai che quest'ora. L'angelo del paradiso che vegliò sempre alla mia giovinezza, che conosce ogni pensiero piú recondito dell'anima mia, mi protegge invisibilmente. Oh no, non temo! La Regina degli Angioli, che mi comparve cosí luminosa, quando rimasta orfana sulla terra caddi in profondo sonno colla speranza di mai piú risvegliarmi, difenderà da profani insulti la vergine derelitta! — E infiammandosi a poco a poco nel suo angelico entusiasmo,
      — Oh son certa, soggiungea Irene collo sguardo verso il cielo, che se una mano qualunque osasse stendersi alla virginea mia corona, cadrei morta immantinente come colpita da fulmine!
      Un rimbombo come di tuono scoppiò al di fuori, e altri rimbombi gli succedettero, come di rupi che, staccate dalla montagna, si inabissassero. Erano i difensori del castello che rotolavano macigni enormi contro le schiere dei barbari che tentavano salir le cime. Il fragore delle armi da fuoco, le grida minacciose dei combattenti, formavano, confusi insieme, un frastuono tale, che l'avresti rassomigliato a quello delle onde, sollevate dalla tempesta e rompentesi fra gli scogli.
      — Preghiamo per le anime dei nostri prodi, esclamò Irene, inginocchiandosi, e anche per quella degli infedeli.
      — E che Dio ci liberi dalle loro mani, rispose il buon cappellano, col rantolo e col sudore dell'agonia.
      Ma di ben altro carattere era la scena che in quel momento succedeva al di fuori.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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