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      Fuggiamo; l'avvenire può ancor riserbarvi ore meno infelici!
      — Che mi parli di avvenire, o giovanetto! Non sai tu che il mio cuore ha un lutto eterno? Che è tomba viva d'un affetto immortale?
      E ripigliandosi dopo alcuni momenti d'un silenzio costernato:
      — Mentre noi ragioniamo, o cavaliere, altri infelici abbisognano forse del vostro soccorso.
      E pronunciate appena queste parole, comparvia Guglielmo, ferito, sanguinoso, e con segni di dolore cosí profondo, che ben rivelava non essere lo strazio delle membra che piú acerbamente lo travagliasse.
      Irene, prevedendo nuove sciagure, gli corse incontro, e le chiese di Eloisa. Il marinaio non rispose, ma gli cadde dalle pupille una grossa lacrima.
      — Io solo non posso morire, Dio eterno! mormorò sommessamente coll'accento della disperazione. Volgendosi quindi ad Achmet, che intenerito lo sogguardava: — Vi prego, o cavaliere, prese a dirgli, a lasciarmi compiere tranquillamente un estremo ufficio verso l'estinta figliuola del mio capitano, e a promettermi che la sua tomba sarà rispettata.
      E tutti e tre si avviarono verso il funebre sotterraneo, ove pochi dì prima era stato deposto il cadavere di Giustiniani, e dove or giace morta, sommersa nel proprio sangue la ligure giovinetta.
      L'arabo cavaliero che avea piú volte ammirato il valore di Giustiniani, che l'avea osservato sul campo di battaglia nella forza della sua giovinezza, in tutto lo splendore della persona, quando scoperse il marmo entro cui giaceva, quasi gigante, il cadavere dell'eroe, si sentì opprimere il cuore come alla vista della tomba di un amico; ma ben piú se ne commosse, quando Guglielmo gli additò il corpo di Eloisa, che, stesa a terra, appoggiava il suo bel capo sopra il sepolcro.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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