Tale era questa infelice, che al nome benedetto di Maria sostituì quello di Semira, dapprima riluttante, quindi lieta d'una schiavitù che un amore corrisposto per Achmet l'avea consolata. Ma talvolta la ricordanza degli anni infantili, della sua patria, di sua madre, delle feste nazionali e religiose cui, bambina, avea assistito, affetti di Dio e di patria che l'infelice avea rinnegati, gittavano un rimorso divorante in quell'anima impetuosa e di tempra non volgare, talché le lagrime del pentimento cancellavano per poco sulle sue gote scolorate le lagrime dell'amore tradito.
Ben ella avea sospettato che l'indifferenza del giovane cavaliero derivasse da un nuovo affetto per altra donna, e avea giurato seco stessa di vendicarsene colla punta del suo pugnale. Stava spiando dì e notte il momento favorevole di evadersi dall'aremo, di penetrare nei piú secreti appartamenti d'Achmet per ivi conoscere e fare in brani la sua rivale. Quanti pensieri di vendetta, di strage meditati, vagheggiati nel cupo silenzio d'una tremenda gelosia, pensieri, disegni che cadranno d'un subito dall'animo dell'infelice alla vista della supposta sua rivale!
IX
Poco ci resta a dire sui fatti materiali che tessero la breve esistenza d'Achmet e d'Irene, amendue sventurati; ma la storia profonda e tacita dei loro pensieri, chi potrebbe narrarla mai? Lettore, se il tuo cuore non ha sanguinato per tremendi lutti intorno ad un feretro, se non hai conosciuto che sia la vita, questa che diciam vita, ma che meglio si chiamerebbe agonia prolungata, quando non hai piú nulla a sperare, piú nulla a temere quaggiù, getta pur via queste pagine, poiché io non scrivo per te!
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