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      In quella solitudine, incantevole per le bellezze della natura e dell'arte, ma sconsolata per amendue i nostri personaggi, Irene si pasceva di memorie e il giovinetto di speranze, ma vane tutte e dolorose.
      Ignaro della sventura che avea colto la principessa nel piú vivo dell'anima, non potea credere che sí giovane, cosí bella avesse rinunziato per sempre ad ogni gioia della vita, che il cuore di lei si fosse chiuso, come un sepolcro, agli affetti che travagliavano il suo; ma attribuiva la profonda malinconia d'Irene alla caduta della patria, alla perdita della corona, alla rovina dell'imperiale sua casa. Quindi si confidava che il tempo e l'amor suo l'avrebbero racconsolata, ignaro che tempo e amore non erano piú per lei, la quale non avea piú desiderio che la morte, la morte che sola potea ricongiungerla al suo fidanzato.
      Un giorno, mentre egli stava alla sua presenza, non potè vincere il trasporto dei proprii affetti.
      La vergine, seduta presso un verone, donde si dominava un orizzonte vastissimo, avea allora posato un libro, un libro che non soleva abbandonar mai; e in quell'atto, levando gli occhi verso il cielo, parve rasserenarsi in un pensiero di paradiso. Era l'ora delle meste ricordanze, quando perfino il fremito delle fronde, commosse dal vento della sera, ti sveglia in cuore una nota cosí dolce, cosí lamentevole! Quando senti piú sconsolata la solitudine di questa terra, perché piú vive risorgono nella tua mente le imagini di gioie irrevocabili! Un sospiro uscì, suo malgrado, dal labbro della vergine, ed un raggio fuggitivo del tramonto brillò in una lacrima che ondeggiava nella sua pupilla.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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