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      — Il regno che io invidio, o giovanetto, non è che uno strato di quattro palmi di terra, e poche ossa sono il tesoro che per me si contiene in questo mondo. Acqueta il tuo fremito mal represso di gelosia, o cavaliero; l'uomo che ha i miei affetti, non può starti in campo aperto, tuttoché prode egli fosse quanto leggiadro e progenie di valorosi... Amo un morto, o Achmet! Ora ti è rivelato il mistero delle mie lacrime e il desiderio della morte che mi distrugge!
      Queste parole, pronunciate dalla principessa con accento indescrivibile, mentre le sue guancie si coloravano d'una vita che le sfuggiva, piombarono al cuore di Achmet, e vi spensero ad un tratto ogni men nobile sentimento. Con apparenza di tranquilla, serena rassegnazione, il giovane abbassò gli occhi, e si raccolse alcuni momenti dentro se stesso.
      — Acquistate un nuovo diritto al mio compianto ed al mio rispetto, o principessa; ma l'uomo che ha posseduto l'amor vostro, tuttoché or morto, è pur sempre il piú invidiabile de' mortali. Oh se un'ora sola di quell'amore che io vagheggio, venisse a consolarmi, oh con quale esultanza farei sacrifizio della mia giovinezza... solo per udire dal vostro labbro una parola... e morirvi ai piedi!
      — E sei tu pure infelice, e per mia causa, o giovanetto? esclamò Irene, curvandosi pietosamente sul cavaliero che le si era gettato ai piedi; e parve che un sentimento piú vivace e piú affettuoso della pietà le svegliasse in cuore un nuovo palpito.
      Mentre Irene piegava il volto verso quello del cavaliero, che si era impadronito della sua destra, e la copriva di baci e lacrime, un altro volto femminile s'affacciò dall'alto di una finestruola dorata ed intagliata che mettea nella sala, e lanciato un fulmineo sguardo ai nostri due personaggi, senza che essi se ne avvedessero, illividì e scomparve.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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