Quella donna era Semira; non vide in faccia la supposta sua rivale, ma si tenne sicura de' suoi danni, ed appiattata attese la notte per compiere i suoi disegni.
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E la notte che dovea richiamare a miglior consiglio la smarrita ragione di quest'infelice, discese in quelle vaste sale, profumata dell'olezzo di mille fiori, luminosa come si vede solamente nel cielo orientale. Piú non odi nell'aremo taciturno che il malinconico mormorio dell'acqua che zampilla dalle fontane; e il canto dell'usignuolo che vagheggia, al dire de' poeti, la rosa sua fidanzata.
Semira, piú somigliante ad un'ombra fantastica che a persona viva, si slancia inosservata fuor dall'aremo, traversa le oscure sale e si dirige precipitosa verso l'appartamento d'Irene, guidata da un chiaror fioco che trapelava dalla sua camera. Ivi giunta, sostò tremando; il pugnale che stringea nella destra, poco stette non le cadesse sul pavimento; questa giovane era nata all'amore, non al delitto.
Non vista, oregliando all'uscio della camera, le parve udire un singhiozzare sommesso, il lamento d'una voce che mal suo grado le scendeva all'anima e la dominava.
— Oh come, pensò fra se stessa, come puoi tu piangere, tu favorita d'Achmet? Mi sarei forse ingannata! Forse la donna che già tanto odio senza conoscerla, è un'infelice al pari di me!
Attraversata ne' suoi disegni di vendetta, e suo malgrado intenerita, gettò lo sguardo nella cameretta d'Irene, e vide la principessa, vestita a bruno, inginocchiata accanto a una sacra immagine, cui ardea innanzi una facella.
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