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      Quel dipinto rappresentava la bellezza celestiale d'una donna che si chiamò madre degli infelici su questa terra e Regina degli Angioli nell'alto dei firmamenti. Una corona di mesti fiori, tessuta dalla mano della principessa, stava sospesa all'immaginetta, e spargea intorno una fragranza di paradiso. Lo sguardo abbassato di quella donna ha qualche cosa di sí celeste e di sí verecondo, che l'anima di Semira, nel contemplarla, si intenerisce e risorge ad una vita che credea spenta per sempre. La rimembranza della sua patria, della religione de' suoi padri le spiccò viva dal cuore; e cosí l'invase, che l'infelice, già dimentica de' tristi suoi disegni, si spinse innanzi a si cacciò anch'essa a piedi di quell'immagine, rompendo in lacrime da lunga ora rattenute.
      Irene, fra l'attonita e l'atterrita, gettò lo sguardo sulla giacente, e con atto soccorrevole le stese la mano per sollevarla. Ma quale non fu la sorpresa di Semira, quando guardando in volto la principessa, riconobbe la figliuola di Costantino imperatore? Ben ella in giorni piú fortunati l'avea veduta sotto il cielo della sua patria; ed ora la ritrova, non sa come, regina o schiava, nel palazzo d'un maomettano. Quella fronte d'Irene, ora coperta di bruno velo, le era comparsa altre volte circondata di diadema e ne' splendidi vestimenti dell'imperiale suo grado. Semira credea trasognare, e trasportata colla mente ad altri tempi diversi affatto, non movea parola, né pupilla, tutta assorta nella sembianza della principessa.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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