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      — E qui studiava di persuadersi che Achmet era un tristo degno dell'odio suo, e che ella dovea forse anche trafiggerlo! Ma l'imagine di Achmet, piú che mai candida e luminosa, spiccava dalle tenebre che l'ammalata fantasia d'Eloisa si sforzava addensarle intorno per oscurarla, per detestarla. — Achmet, le gridava dal cuore una voce prepotente, è un infelice degno delle tue lacrime e della tua stima; ha egli colpa, o piuttosto non è vittima de' suoi nascimenti? Non t'ha difesa, non ti onora continuamente, mentre potrebbe usare della sua forza? Oh la sua mente sola è accecata; il cuore d'Achmet è retto, nobile, generoso; tu lo calunnii atrocemente! — E qui la povera Eloisa sentia rimorso d'averlo oltraggiato nel suo pensiero; chiedea perdono a quell'imagine idolatrata; e l'amore risorgendo piú che mai vivo, rivendicato, devastava quell'anima senza difesa.
      Ed Achmet intanto che diveniva? Mentre spesso, nel silenzio della notte, contemplava dalla sua torre la finestruola della vergine, e la vedea ancora illuminata, oh se avesse saputo mai la veglia angosciosa di quell'anima, non meno ardente né meno infelice della sua! Bramava anch'egli di svelarle ciò che sentiva; ma temea offenderla, conturbarla, fallire la sua promessa. Nei momenti di riposo si recava a visitarla; le narrava avventure fantastiche di fate e di genii dell'Oriente; amori e lotte di cavalieri; le descriveva le tende de' suoi padri; e piú d'ogni altra pietosa storia, le dicea quella d'un giovanetto che morì vittima dell'amor suo, senza averlo mai rivelato alla donna che idolatrava.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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