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      Achmet si levò in piedi, strinse la mano d'Eloisa e partì.
      La sua barca sorvola ai flutti; le tenebre, la tempesta del mare circondano Achmet che in quelle tenebre, in quella tempesta cerca nascondersi, obbliar se stesso tra i fremiti del proprio cuore e l'ansietà della pugna imminente. Ma quale sarà il giorno di domani per Eloisa e per Achmet?
     
      V
     
      Cessò il combattimento; il Saraceno rientra vittorioso nel suo castello, e lunga fila di prigionieri lo seguono incatenati sotto le vôlte d'un andito sotterraneo.
      Uno di essi, ragguardevole per canizie veneranda, per una nobile fierezza dello sguardo e della fronte, temperata dall'età e da un profondo cordoglio che gli stringea l'anima, guardò la cima del monte, né piú vedendo il castello, distrutto dal Saraceno, strinse il braccio di questi, e con piglio risoluto:
      — Se hai cuore di cavaliero, rispondimi, giovanetto: una grazia, e poi la morte. Che addivenne de' miei figliuoli, del mio castello?
      Il Saraceno, conoscendo esser desso il padre d'Eloisa, lo fissò in volto tra commosso e maravigliato, ma non ebbe animo di rispondere. Alfonso, chè tale era il nome del prigioniero, interpretando alla peggio il silenzio del suo vincitore, si asciugò una grossa lacrima, volse uno sguardo disperato alla cima del monte e abbassò il capo:
      — Superstite a tutta la mia famiglia!
      Eloisa, spinta da un secreto presentimento, bramosa forse anche di impetrare ai vinti la clemenza del Saraceno, accorse sollecita, gettò uno strido alla vista del prigioniero, e cadde svenuta tra le sue braccia.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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