Ma il Bonamici che coll'aureo suo stile appressò gli antichi scrittori del Lazio, piú avrebbe meritato dal popolo genovese, se men piaggiatore degli ottimati, fosse stato piú amico del vero che pur professa seguire. Ligio solo a' patrizi, dai quali ebbe per le sue storie munificentissimi doni, scema d'assai la loro vile condotta tenuta nelle sei gloriose giornate, e spesso oltraggia le popolari virtù. Senonché il tempo, giudice inappellabile, ha ormai pronunziato.
Mentre adunque, come dicemmo, il popolo s'apprestava alle future vicende di guerra, ecco uscir fuori, pria che albeggiasse, un editto degli inquisitori di Stato, col quale intimavasi che ciascuno tornasse alle proprie dimore, minacciando del capo chi traesse contro il nemico: s'ordinava ai terrazzani delle due valli di non frapporre intoppo alcuno alle schiere tedesche: inoltre, prontamente recassero ogni lor arme in città. A tale annunzio, frementi di generoso sdegno, abbandonavano i cittadini le mura, ma poche armi consegnavano ai Padri. Intanto avvenia mirabile caso. Accampava goffamente il nemico nel bel mezzo dell'asciutto letto della Polcevera, tra Rivarolo ed il Boschetto, quando per le stemperate pioggie de' monti, gonfiava nella notte del 5 al 6 settembre il fiume, e furiosamente avvallandosi seco nella vorticosa piena trasse carra, bagaglie, cavalli e soldati. Piú d'un migliaio d'Austriaci, oltre gli arnesi, restarono affogati tra l'onde. Allo spuntare del giorno, i cittadini, scorto dall'alto delle mura quel tremendo spettacolo, gridarono ad una voce — miracolo — e devotamente volgeano gli sguardi ai santuarii dell'Incoronata e di Belvedere.
| |
Bonamici Lazio Stato Padri Polcevera Rivarolo Boschetto Austriaci Incoronata Belvedere
|