Vuolsi che in quel fiero scompiglio i coraggiosi Polceveraschi chiedessero spade e cannoni per sconbuiare il resto dei loro nemici; ma il Senato, perduto d'animo, rigettò l'audace proposta, anzi volle si prestasse ogni soccorso ai Tedeschi e fossero accolti con tutta amistà. E il popolo, pur antivedendo i futuri disastri, obbediva suo malgrado al pauroso Senato. Sinistre voci intanto correvano per la città: si parlava di una crinita cometa comparsa alcuni anni innanzi per un intero mese, quasi preludio degli affanni presenti: piú ancora sgomentava i cittadini la voce che un pio sacerdote, mentre celebrava la messa all'altare di san Giovanni Battista nel duomo, vide scuotersi a un tratto per ben tre fiate il tabernacolo: accorsi i preti ed i circostanti, videro essi pure l'inaudito prodigio che riempiè di terrore ogni petto, e nuovi danni minacciava alla repubblica, giacché avveniva il dí stesso che si conchiuse il trattato di Vormazia. Pur i popolani, fidando nel patrocinio di Maria Vergine, protettrice della città, e nel loro braccio, erano pronti a dar dentro al nemico; la Signoria, consigliata di viltà, ne raffrenò l'ardimento e gittossi in balia degli Austriaci.
Mentre tai cose avvenivano, incamminavasi il Brown colle sue truppe verso ponente a dar la caccia ai Borbonici, e il Botta, conoscendo che Genova non era preda a lasciarsi spolpare altrui, spiccava tostamente da Novi, e ai 6 settembre giungeva alle porte. All'annunzio del suo arrivo esultavano gli ottimati, i quali in tanto dure strettezze lo speravano d'animo temperato ed umano, giacché la famiglia del Botta era stata fregiata della genovese cittadinanza, e vincoli di sangue la stringeano con molti dei maggiorenti.
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