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Inorridirono i deputati all'inumane intimazioni, senonché il Botta malignamente soggiunge: — Esser questa l'unica via per riscattare la vita e la libertà, le quali s'egli non ci toglieva, sol era perché della patria che chiamavano sua lo stringeva pietà. Pensassero ad obbedire per non vedersi torre ogni cosa piú caramente diletta, dannati al servaggio, e col ferro e col fuoco distrutta la loro città. — I legati invan supplicarono: dissero l'impossibilità dell'eseguire: non essere quella tal cosa da spacciarsene in 24 ore, giacché per legge della repubblica era conteso proporre a deliberare nel giorno medesimo, né poteasi fermar partito che pria non fosse posto innanzi al Senato, poi dal Consiglio Minore approvato. Ma nulla valse ad ammollire quel cuore di ferro, che superbamente rispose: — Che consiglio? che leggi? altra legge non esservi omai che la sua volontà. — Cosí il Botta, invece di raddolcire, asperava piú assai le condizioni offerte dal Gorani al Senato!
Era già molto innanzi la notte, quando i legati, fuor di tutte speranze, rientravano in città. Tosto s'aduna il doge e i collegi a general parlamento: alcuni sono d'avviso di dover ricevere la legge del piú potente, e accomodar l'animo alle avverse fortune; altri, mettendo innanzi gli antichi esempi, opinavano esser debito d'un popolo libero, prima di cedere a tanta ignominia, di correre la sorte dell'armi. In tanto conflitto di pareri, i piú convenivano doversi udire i maggiori e più esperimentati uffiziali, e da quelli intendere lo stato delle mura, e se modo vi fosse a difesa.
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Botta Senato Consiglio Minore Botta Gorani Senato
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