Pagassero quindi tre milioni di genovine (corrisponde la genovina a sette franchi e pochi soldi): il primo milione fra dieci ore: fra otto giorni il secondo, nello spazio di 15 il terzo; ove i Genovesi si rifiutassero, l'augusta sovrana, posta ogni clemenza da parte, manderebbe Genova a ferro ed a fuoco. —
Il fiero annunzio atterriva i Padri, che prontamente rimandavano ì due deputati al Botta, acciò gli esponessero che l'intimazione del Kotech era una aperta violazione ai capitoli seco lui convenuti. Ma il Botta che le 50 mila genovine già avea trafugate, e col chiedere ogni giorno carra, frumento e foraggi volea mantener le sue truppe a spese della nostra città, rispondea, dover il vinto piegar la fronte ai cenni del vincitore. Ed avendoli allora uno dei deputati soggiunto: — Che resterà più dunque ai Genovesi? — Gli occhi per piangere, rispondea quell' infame. Ma vi restavano ancor mani per battere!
Spirata la breve dilazione concessa dal Kotech, il senato non sapendo dove porre le mani, appigliossi ad insolito e grave espediente, e fu quello di ricorrere ai sacri depositi di San Giorgio. Era questo un celebre banco nel quale sulla pubblica fede non i soli Genovesi ma i popoli tutti aveano ingenti somme di denaro investito, ed otto dei piú prestanti cittadini le custodivano. Enormi mucchi d'oro e d'argento racchiusi in 170 sacchi, che contenevano 250 mila genovine, si mandarono sopra 13 carra all'ingordo commissario tedesco. Altre immense somme estorsero alla estenuata repubblica ne' di successivi le straniere minaccie.
| |
Genovesi Genova Padri Botta Kotech Botta Genovesi Kotech San Giorgio Genovesi
|