Il giorno 12 si pagarono 300 mila scudi d'argento: egual partita il di dopo, oltre a 79 mila doppie, andarono ad impinguare l'esca di quelle rapacissime arpie. Furono in tutto scudi 197,500 — il popolo fremeva, ma sopportava.
Intanto il Botta apprestavasi alla guerra di Napoli, di che forte appetiva la regina d'Ungheria, dolente ancora del frustrato tentativo fatto a Velletri. I viveri e l'oro della repubblica doveano sopperire alle spese, talché il Botta, ogni di piú baldanzoso, chiedeva or vele, or granaglie, or attrezzi di guerra. Ma stornò questa impresa re Carlo, il quale altro persuase al re di Sardegna ed agli Inglesi, altro ai Tedeschi. Gl'Inglesi cuoceva il desiderio d'occupar la Provenza, mossi non tanto dalla speranza di svegliar sedizioni nella Linguadoca, ove accampavano molti ugonotti che congiuravano contro i cattolici, quanto perché aperto scorgevano che il re di Francia, viste invase le sue provincie, lasciate le Fiandre, provvederebbe a difendersi in casa. Eguale disegno, suscitato da non eguali cagioni, meditava il re sardo. Il quale piú non temendo un nemico che fuggia da' suoi regni, desiderava pur che i Tedeschi sgombrassero anziché si rinforzassero coll'acquisto di Napoli, talché egli potesse a man salva gettarsi sopra Savona, occupando in tal guisa un de' buoni porti d'Italia, cosa cui da lungo mirava. Sentivasi egli forte del favor degli inglesi che si mostravano piú teneri di Savoia che non d'Austria; talché per mezzo di Villet, ambasciatore britannico, di Ricecourt, tedesco, e del conte Marciano, inviato del re di Sardegna, raccolti in San Pier d'Arena, si fermò che, deposto il pensiero di Napoli, si facesse impeto nella Provenza, duce supremo il Brown.
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