Superati il re sardo gravi disagi in val di Bormia, venne al litorale ligustico, ed entrato in Savona con tutto l'esercito capitanato dal Leutrom, intimò la resa al castello. Ma Agostino Adorno, strenuissimo duce, non scoraggiato dalle difficoltà del difendersi, non dalla disperanza d'ogni soccorso, gli fece rispondere che glielo avrebbe dato sulla bocca dei cannoni. Altre intimazioni di resa gli propose il generale Goroni, il quale udendo che il re sardo era entrato in Savona, s'accampò con undici battaglioni due miglia lontano dalla città; ma tutto fu indarno. Senonché fieramente fremeva l'Adorno, cui in forza de' giurati capitoli la Signoria aveva intimato di non muovere ostilità di sorte né contro gli Austriaci, né contro i lor federati; ed egli perciò, non che difendersi ed impedire che i Piemontesi alzassero a loro bell'agio nuove batterie per fulminarlo, era costretto ad essere spettatore indolente di quell'opere che contro di lui s'erigevano. Ma quando il primo dicembre cominciarono cannoni e bombe a battere il forte, chiaro allora dispiegò il suo valore, ed all'assalto nemico oppose la resistenza piú salda.
Mentre preseguivasi l'assedio del castel di Savona, al soccorso del quale non potea la repubblica per gl'impedimenti del Botta mandar le truppe a tal uopo raccolte, un distaccamento di Piemontesi (10 settembre) comandato dal principe di Carignano bloccò il castello di Finale, che cominciò prodemente a difendersi, quando sopraggiunto il re sardo con tutto il nerbo delle sue forze, fu costretto a dedizione, restandone cattivo il presidio (15 settembre). Cosí Finale, prima cagione di tanto incendio di guerra, cadde in balia de' Piemontesi, a nulla tornando le rimostranze della repubblica.
| |
Bormia Savona Leutrom Agostino Adorno Goroni Savona Adorno Signoria Austriaci Piemontesi Savona Botta Piemontesi Carignano Finale Finale Piemontesi
|