Altro intoppo oppose al progredire del re sardo la città di Ventimiglia che si difese otto di, e non cadde se non quando, recate l'artiglierie per mare, non ebbe piú modo a resistere. Il re, occupate Montalbano e Villafranca, sempre secondato dalle navi britanniche, giunse alla desideratissima Nizza, ove assalito dal vaiuolo, da cui in pochi di si riebbe, fermò di svernare.
I Gallospani, sgombrato il dominio della repubblica, tragittavano il Varo, e tutto mandavano a ferro e a fuoco, acciò di nulla potessero valersi gli Austriaci che li seguiano minacciosi alle spalle. Non valentia di nemico, ma i propri fiacchi consigli costrinsero i Borbonici a lasciare l'Italia e cercar ricovero in fondo della Provenza e rintanarsi ne' boschi. Il Gorani, mandato innanzi dal Brown ad esplorazione de' luoghi e a dar dentro ai fuggiaschi, colto da una palla di moschetto nel capo, periva (12 settembre); talché il Brown su legno inglese si rese a Nizza, e sapendo dover egli portar la guerra su luoghi predati già dal nemico, e da' quali era tornato colla peggio lo stesso principe Eugenio quarant'anni prima, pensava condurre cauto l'impresa e abboccarsi col re di Sardegna. Il quale, ingrossando l'esercito di nuovi rinforzi, e principalmente di quelle schiere che veniano da Tortona, che s'era resa per fame, punto non dubitava del prospero scioglimento di quella guerra, e già vagheggiava quel lauro di cui non s'era potuto circondare la fronte il principe Eugenio.
Mentre l'occidentale riviera espillavano i Tedeschi ed i Piemontesi, e divisavasi proceder oltre e stringere Antibo, i generali Piccolomini e Kai fieramente spolpavano la parte orientale fino alla Spezia, nel cui golfo stanziavano a pieno talento le vele britanniche e le sarde galee.
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