Allora lo spietato Kotech, minacciando sangue ed esterminio, chiese il terzo milione di genovine, e per giunta un altro milione per i quartieri d'inverno e 250 mila fiorini, prezzo valutato dalla cesarea clemenza, come egli disse, dei viveri e provvedigioni che pel nutrimento delle nostre milizie dovevano essere in Genova al venir degli Austriaci — e mai non v'erano stati. — Alla inumana intimazione parve apertissimo che la caduta della repubblica era imminente. Non sapendo il governo dove rivolgersi, fece rimettere nelle mani del commissario Kotech i gioielli che Maria Teresa avea dato in pegno a' banchieri genovesi per 450 mila fiorini, e volle il Kotech che a questi creditori della regina il governo concedesse la sua guarantigia. Dopo di che alcuni deputati, a mani giunte, rappresentarono al Botta l'assoluto difetto di denaro in città: dasse alcuna tregua ai Genovesi che si travagliavano nell'estema miseria. E il Botta, istigato dai malvagi punzelli del commissario, schernendo da vero barbaro alle nostre strettezze, rispose: — Bugiarda asserzione essere la lor povertà: aver Genova cittadini di sfolgorata ricchezza; se tanto teneri essi erano della lor patria da non poterne sopportare lo struggimento, pagassero del proprio, vendessero quei capitali che possedevano in Inghilterra, in Olanda, in Francia, in Alemagna, in Italia, come sommavano a meglio di 70 milioni. — Questa proposta del Botta che, contra ogni dritto, le private alle pubbliche cose mesceva, essendo riferita al senato, avvisando che, rifiutandosi, ne verrebbe per avventura la ruina di coloro che sovra i banchi di Vienna, di Milano ed altrove avevano denari in carte, offersero di buon grado i loro tesori allo stato, solo che lor si concedesse sicurtà sopra le gabelle della repubblica.
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