Le case ed i palagi destinati al sacco già noveravano: le savie matrone, le caste vergini offendevano. Né qui soffermossi l'insolenza barbarica: ché anzi ardiano entrare a cavallo nel Portofranco, e sprezzando il diritto delle genti, alla cui ombra si sogliono in tal luogo raccogliere le piú preziose merci e suppellettili, lo facean centro di soldatesche brutture, dicendo che quanto era in Genova apparteneva alla regina. Gl'infelici abitanti, travagliati dal martello della povertà, duravano ansie le notti, viveano torbidi i giorni per le minacciose sembianze degli oppressori.
Però a mano a mano cominciò a battere febbrile ogni polso, una bramosia di vendetta ardentissima occupava ogni cuore. Muto l'abbaco de' privati interessi, tutti cominciavano a vagheggiare quell'alto pensiero che, piú possente d'ogni macchina di congiura, dovea partorire lo scoppio delle sei memorande giornate.
Queste erano le dure strettezze che i savii, pensando, mai non avrebbero scelto ad un movimento. Pur altre pressure s'aggiunsero: si volle loro far sentire piú viva la punta del coltello alla gola: alle minacce del Kotech si dovettero pagare ai 29 ottobre 170 mila genovine: 200,000 ai due novembre; 21,250 ai 21; altre 470 mila ai 23, finché Genova trovossi nella dura necessità di dovergliene contare sole 500. Né questo era il tutto. Il Brown, varcato il Varo, s'era gittato in Provenza con 63 battaglioni, 20 de' quali erano sardi, e 45 squadroni di cavalieri, ed abbisognando di grosse artiglierie per l'assedio d'Antibo, e giovando che fossero tolte da Genova, giacché Vienna pensava che la repubblica dovesse essa sola fornire contante e provvedigioni per quella guerra, il Botta mandò chiederle ai Padri.
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