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      Questa fu la poca favilla cui secondò tal incendio, che mai non ne languirà la memoria. Al villanissimo oltraggio insopportabile a petto italiano, traboccò la piena dell'ire, e fremiti di rabbia e grida d'orrore echeggiano intorno: corrono spontanee le mani sul fianco in traccia d'un ferro, ma ignudi d'arme e d'ogni arnese di guerra balenano incerti. Senonché trattosi innanzi un giovinetto di spiriti, come i nostri sogliono, audaci e rissosi, dié di piglio ad un sasso, e pronunciata la fatale parola — che l'inse? — il che suona italianamente — la rompo — lo scagliò con tal impeto contro un soldato tedesco, che rottagli la fronte, cadde esanime a terra. Plaudiano all'atto ardito le turbe, e ad un tratto una tempesta di sassi si rovesciò con tal furore sul drappello dei percussori, che, abbandonato il mortaio, si diettero a precipitosa fuga. Furono questi i primi saluti del popolo all'esoso straniero.
      La storia registrava nelle sue pagine il nome del valoroso fanciullo, che prime diè via al memorando riscatto. Chiamavasi Giovanni Batista Perasso, volgarmente il Balilla; il villaggio di Pratolongo nel comune di Montoggio gli dava le origini. Null'altro sappiamo di lui, senonché in Genova apprendea l'arte dei tintori già esercitata da Paolo da Novi, e che, posate le spade, la riconoscente repubblica destinavagli un fondaco da vino presso il Portello, a guiderdone dell'altissimo ardire.
      Intanto o di lor fuga vergognassero i barbari, o di vendetta bruciassero, o a mostrar fronte gl'incitassero i comandamenti di chi gli guidava, sguainate le spade, tornavano addietro a dar dentro alle turbe, ma scombuiati da un piú fiero grandinare di ciottoli, tegoli, vasi, pece ed olio bollente che dall'alto dei verroni le donne precipitavano sulle lor teste, rotti, laceri e pesti si davano un'altra volta alla fuga.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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