Era un moto, una faccenda, una pressa qual mai non si vide l'eguale. Niuna fatica dura a nessuno; vigilie, disagi sostenuti senza lamento; incatenate la discordia e l'invidia: uno scherzo la morte; solo in tutti un pensiero, francare la patria.
Non oziava però dal suo canto il generale tedesco. Niun attacco egli temeva dalle vie di Sottoripa e di Prè, assicurato com'era dai forti ripari di San Tommaso, ma dalla via dell'Acquaverde poteano sbucare, protetti dalla sinuosità del suo giro, i popolani, e con successo assalirlo. Ad ovviare al pericolo, fa postare due cannoni in capo a strada Baldi: altri due ne innalza nel luogo ove, a ricreamento del giorno, sogliono convenire i Filippini, avvisando poter da quell'altezza, a furia di bombe tempestare la città e costringerla a dedizione. Manda pronti corrieri a richiamare le truppe che stanziavano a Novi e per le terre della repubblica; le porte di San Tommaso rafforza, e il luogo di San Benigno che signoreggia il Faro, fornisce di cannoni e di bombe.
Da quattro giorni non rallentava la pioggia, e sotto que' fieri acquazzoni, protetto dall'ombre notturne, continuava il popolo ad alzar barrate e trincee per raffrenar l'impeto de' cavalli nemici. Qui si scavano doppie le fosse, là s'alzan steccati; con argini di botti, tavole e pietre s'asserraglia ogni via. Un ponte sotterraneo congiunge la piazza dell'Acquaverde a strada Baldi: alcuni audaci tentano con una mina di farlo saltar in aria, ma la mina, da inesperte mani eseguita, sventò. Non scemano però d'ardimento que' prodi, anzi penetrando nel monastero di N.S. della Neve, e di là sui baluardi di monte Galletto, percuotono a colpi di sagro il fianco di San Giorgio, forte bastione che i Tedeschi occupavano.
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