A che valsero questi comandamenti e minaccie, dirallo chi legge.
Esterrefatta e come percossa dalla man del terrore ondeggiava dapprima la Signoria fra ruinose incertezze, ché da cuor dubitosi non venne mai salute agli stati, e però la plebe, corta d'ingegno ma gagliarda di braccio, è strumento stupendo a' subiti rivolgimenti. Ma ben presto, piú che la comune salvezza, ne' fiacchi patrizi potè lo sgomento, e posta giú ogni cura di patria, chiudono nei monasteri le spose e le figlie, gli arredi preziosi ed ogni altro valsente; se stessi quindi asserragliano nel fondo de' lor marmorei palagi, ne sbarrano con ferri i portoni, l'imposte con forti ingegni ne turano, e circondati dai lor famigli in armi, ad ogni piú lieve rumore aggelan di tema. Quell'istesso studio ed ardore con che il popolo si travagliava a sgomberare dagli oppressori la patria, ponevano i Padri a rintanarsi negli aditi piú riposti delle lor case. In tanto scadimento d'ignavia era dal suo prisco splendore la genovese nobiltà precipitata! E maceri dalle pioggie dirotte e tagliati il viso dal vento frizzante seguiano i popolani le generose fatiche, né per vedersi barbaramente esclusi dai vasti atrii dei palagi in via Baldi ove le forze lor concentravano, proruppero a violenze di sorta. Infiammati dalla carità della patria, duravano immoti agli insulti del cielo, ai rigori del verno imminente, tollerando pazientemente i disagi e la cruda indifferenza dei Padri. Non un solo di quegli avari palagi sforzavano per trovarsi un asilo; solo occuparono il collegio dei padri gesuiti, nelle cui vastissime sale ponevano dappoi il quartier generale.
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