Il quale, trascorsa l'ora fermata senza che il Botta gli avesse partecipato alcuna risposta, con una scarica generale di artiglieria bandisce aperta la guerra, mentre i sacri bronzi de' tempii, suonando a martello, parea rispondessero al tuonar de' cannoni. L'intera città ne fu scossa. Intanto alcuni drappelli s'aggiravano a suon di tamburo per le piazze, per le vie, per i trivii, intimando, pena la testa, d'accorrere, senza distinzione di fortune o di stato, alla difesa di Genova. E tutti, tranne i patrizi, volarono ai muri. Gittate a terra le porte dei corpi di guardia ove stanziavano le milizie della repubblica, loro intimarono l'ordine del quartier generale che imponea di congiungere le oziose lor armi a quelle del popolo, e insiem travagliarsi a tutela della libertà manomessa. Alle calde parole un sorriso di bellica gioia lampeggiò in quegli audaci sembianti, e brandite ferocemente le spade, si gettarono tra le file de' popolani, anelando la mischia. Dalle carceri della Malapaga trassero i detenuti, e avendo scorto fra questi il patrizio Cristoforo Spinola, cui la prepotenza de' suoi creditori fatto avea carcerare, sciolsero issoffato le sue catene, dicendo: — Siete libero, signor Cristoforo: venite a pugnare con noi. —
Ancora non era scorsa mezz'ora dalla generale chiamata, che già tre grosse e compatte colonne occupavano le tre vie di Balbi, Prè e Sottoripa, ardenti di venire alle mani. Alzavasi un sordo frastuono di guerreschi clamori e di femminei ululati: grida tedesche contro italiche grida s'udivano.
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