Anche da tutta l'orientale riviera sloggiarono gli Alemanni. Quelli che stanziavano in Chiavari, si salvarono per il monte di Cento Croci nel Parmigiano; quei che s'erano acquartierati in Nervi ed in Recco, furono condotti prigioni in città colle bandiere strascinate nel fango.
Non tosto i terrazzani della Polcevera s'accorsero dell'inganno loro ordito dal Botta, montati in furore, si disserrarono addosso alla retroguardia nemica in Pontedecimo, ne menarono grandissima strage, le tolsero cinque muli carichi di denaro, che fra loro si ripartirono, e dopo averle data la caccia fino alla Bocchetta tornarono addietro con grosso numero di prigionieri. Fra i piú illustri Tedeschi, che in quelle mischie caddero in potere de' nostri, si noveravano fra i colonnelli, il conte d'Adda, il conte di Krems, il marchese Ponz de Leon; fra i tenenti colonnelli, il barone di Berenkis; fra i maggiori, il marchese Fiorenzo, quello di Ostchim ed il barone Mirck; ventiquattro furono i capitani prigioni, e principali fra questi, i baroni Blancard, Metteserasi, Schuartzoffen, Logdman, Rassodritz e Rhoter, i conti Starembergh, Erbesteim, Gallia, Origoni, Grattenegh ed Herstein. Dei tenenti 39 furono i captivi, e fra questi le memorie ricordano i conti Rumpphf, Oklanner, Xalohsmid, ed i baroni Kulmar, Schmittburgh, Kaiserstein ed altri illustri per gentilezza di sangue. I reggimenti piú assottigliati furono Kevul, Wettes, Piccolomini ed Andreasi.
Lo stesso giorno il popolo spedia piccioli legni a costeggiare San Pier d'Arena e la Foce per togliere agli Alemanni ogni via di salvezza.
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