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      Si eleggeva per il congresso dei capi, che anche difensori della libertà si chiamavano, la loggia dei nobili di S. Siro, e nomavasi a generale delle urbane milizie Gio. Luca de' Franchi. Intimavano la condanna del capo a chi fosse convinto di furto; i balzelli, i dazi abolivano, i birri deposero; un Gio. Batista Cresta, macellaro, destinavano a commissario generale della Valle del Bisagno, ordinarono si rompesse la via della Bocchetta. Intesa la pubblicazione di un editto emanato in Novi dal Botta, col quale era intimato agli offiziali della repubblica, prigionieri di guerra, di rendersi fra otto giorni a Milano, bandia condanna negli averi e nella persona a qualunque offiziale o soldato uscisse dalle porte. Sotto la direzione degli ingegneri Sihel ed Escher facea fortificare le mura, impiegandovi ottocento operai: poi spediva galee a guardia del littorale fino ad Albizzola per reprimere le correrie piemontesi.
      L'intera città era in preda a un tripudio che mal può significarsi a parole. Il bottino fatto sopra i Tedeschi rendeasi ogni giorno maggiore; si fiutavano case, conventi, ed ove credeasi rinvenir cose spettanti al nemico. Tutto era in moto. Quadriglie armate e processioni dovute scorreano le vie; interrotti i negozi, cessati i lavori; i nobili anch'essi cominciavano a mostrarsi fra quelle turbe, compartendo al popolo ogni sorta d'encomii. La gioia della città si riflettea sulle valli; e i Bisagnini celebravano l'inaspettata vittoria col manomettere ed ardere il palagio dell'Airoli in Albaro, che chiamavano traditor della patria.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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