Divulgatosi sul far della notte il vero, tornaronsi quieti alle lor case.
Malgrado le ingenti forze di cui poteva in caso di comune pericolo disporre il quartier generale, la piú parte del popolo continuava a tumultuare contro lo stesso. Il dì di Santo Stefano vollero i popolani che lor fosse reso conto del nemico bottino; ma non avendo ricevuto adeguata risposta, tre sestieri della città, Prè, Portoria e Molo levaronsi in armi, e già stavano per azzuffarsi colla gente del quartier generale, quando interpostosi un nobile che il popolo aveva in assai riverenza, deposero il micidiale talento. Quei di Portoria incolpavano i due generali Tommaso Assereto, e Carlo Bava e i loro aderenti, come quelli che in proprio uso aveano converse le somme destinate alla ricuperazione di Savona: avendo essi per tutta difesa tentato la fuga, furono (28 dicembre) tratti dalla Torre per rendere stretto conto dell'imputato delitto. Intanto vistasi l'assemblea popolare priva de' capi, a forza tirava a sè due senatori, Pier Maria Canevari e Gerolamo Serra, dichiarando che, come galantuomini, li voleva alla testa del suo reggimento. Indi a non molto altri due nobili vi furono aggiunti, Giovanni Scaglia e Carlo De Fornari, oltre ai due cittadini Gio. Battista Morchio, dottore, e Gaetano Ceresa, mercatante, i quali essendo stati chiesti alla Signoria come arbitri delle insorte contese, suasero il popolo a voler riserbare il bottino per le spese del quartier generale; ma questi non bastando a rimpiazzare i capi fatti prigioni e gli altri molti resi sospetti, vi ammisero diversi altri cittadini e mercatanti, e due nobili, Gio.
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