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      Capitanava questi facinorosi, tutti fior di plebaglia, un Gian Stefano Noceti, bargello; un Francesco Garbino, pescivendolo, e per colmo d'orrore, il figliuol del carnefice; i quali, cacciandosi fra la feccia del volgo, lo suscitavano a novità. A questi uomini pessimi parve arridere un tratto la sorte. Correva il 14 gennaio, quando per la città si diffuse la voce che il Tedesco, superato il varco della Bocchetta, appressavasi con grosso nervo di truppe. Cominciarono a un tale annunzio a stormeggiare le campane, e il popolo, armatosi in fretta, trasse, congiunto ai paesani della Polcevera, a mostrar fronte al nemico. Fu una breve avvisaglia: i Tedeschi ebber la peggio, e dileguarono. Senonchè la sera in città i facinorosi pensarono esser tempo di tentare il gran colpo, e, raccoltisi, si diedero a percorrere le vie piú gremite di gente, gridando all'armi, all'armi, a Palazzo. Molti della più infima plebe, tratti da speranza di far bottino, s'aggiunsero all'infame caterva: per le vie de' pollaruoli e quella di San Domenico, s'appresentarono ardimentosi al Palazzo; sebbene armati, chiedevano ad alta voce i fucili, fosse per farne mercato o per meglio sguarnirne la città, onde più facilmente cadesse lor preda. Ma avendo trovati chiusi i cancelli, trassero un loro cannone rimpetto al vestibolo del Palazzo, minacciando le guardie se non dassero loro libero il passo, ed un altro ne trainarono sulla piazza di San Domenico per meglio fulminar da due lati quella splendida sede di tanti liguri glorie.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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