Ma trovando aperto il castello, e ciascuno in quello a dormire, uccisi tutti gli abitatori senza alcuna scelta o riserbo, mandarono per nuove genti in Spagna, e, fortificatisi colà dentro, si insignorirono del paese. I vicini, che dovevano accorrere a quest'incendio, inimicandosi l'uno coll'altro, attesero piuttosto a nuocersi e a consumarsi tra lor medesimi, che a ricuperare il luogo perduto. Anzi, desiderosi della rovina e della depressione degli stessi Cristiani avversarii loro, cominciò la parte meno forte a collegarsi con questi Mori, ed a chiamarli in sua compagnia, a distruzione della piú potente. Il che facendo i Saraceni molto volontieri, uccidendo gli uomini e guastando il paese, allargarono tosto il dominio: anzi, con le stesse armi dei Cristiani vennero tanto gagliardi, che soggiogarono gli amici e nemici; e fecero grandi prede e danni gravissimi.
Verso l'anno 941 il re Ugo (Ugo re d'Italia, marchese e duca di Provenza) deliberò fare l'impresa di Frassineto contro a que' Mori che lo tenevano, per estinguere finalmente quella sementa perniciosa. Alla volta del quale avendo inviato per mare una grossa armata, parte sua, parte venutagli da Costantinopoli con gran copia di fuoco greco, se ne andò per terra personalmente a sbarcar la mala sementa che già tant'anni avea guasto Italia e Provenza. Le navi arrivate nel porto di Frassineto, abbruciarono tutta l'armata dei Saraceni, e, dalla banda di terra, tutta la foltissima selva da noi descritta. Di maniera che, giudicandosi quegli, come erano veramente, quasi che morti, si arrenderono al re Ugo, e senza contrasto alcuno lo riceverono nella terra, e si diedero per servi suoi a tutto quel che piú gli piaceva.
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