Oltre di ciò pare che il dovere e l'onesto non voglia o comporti che l'uomo debba fare i guadagni duplicatamente, cioè nelli prezzi delle robbe o mercanzie che si vendono o che si contrattano con i danari, e poi anco nello spendere essi danari, ora per un valore ed ora per un altro da luogo a luogo in un medesimo tempo, over nel farli riconiare nei modi usati, e quasi sempre, in cosí fare, con vantaggi. Ma ben tengo per fermo che il dover voglia che solo basti che si facciano i guadagni leciti sopra le robbe o mercanzie che si vendono o che si contrattano con i danari, senza avere alcun riguardo di far altri guadagni nelle monete estrinsicamente, eccetto che sopra le fatture e laggi loro, e come in altro luogo del presente capitolo si dice. E perché non occorrerebbe mai piú ch'alcuno portasse oro o argento di qualunque sorte dalla sua patria ad un'altra cittá per far fare danari (quando però in quella fosse aperta la zeca), essendoché sarebbe spesa sopra spesa per causa delli viaggi o altra, e non gli tornerebbe conto; e ch'altri con le monete fatte sotto questi ordini comprasse monete d'oro o d'argento in altri luoghi fatte con gli ordini medesimi per farle riconiare, sapendosi che si perderebbono le fatture; però da una zeca non sarebbono guasti i danari in un'altra zeca fatti. Le quali fatture, com'ho giá detto, dovranno esser pagate da chi fará ridurre in monete i detti preciosi metalli, sí come aviene nell'opere dei metalli inferiori, cioè del rame, dello stagno ed altri; e ben si sa, chi li fa lavorare, essergli necessario pagar le fatture.
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