Avvertendo però i lettori che in questi essempi tacerò alcuni rotti, sí per non fastidirli, sí perché essi rotti sono di pochissima importanza a moneta per moneta, che restano nelle fatture compresi. De' quali però ne farò menzione e dichiarazione nel capitolo XLI.
Ebbi negli anni passati notizia d'alcune zeche che pagavano l'oncia dell'argento fino circa sei lire d'imperiali; e, ancorché paresse ch'altre lo pagassero a diversi prezzi (il che a me pare non fosse vero, perché tal differenza non era dal prezzo istesso cagionata, ma era o per rispetto delli pesi o piú o meno grevi, o per rispetto delle monete con le quali si comprava, o per altra simil cagione), però, volendo mostrare con quali ordini si sia lavorato, farò un figurato con questi essempi, con dire:
Io figuro che siano stati fatti in alcune zeche quarti, giuli, parpagliole, soldi, sesini e quattrini; nelle quali monete volendo conoscere quanto di fino argento vi sia e quanto rimedio e rame, e quante fatture siano state e siano apprezzate nel corpo e valore di esse, comprendendo anco in dette fatture i detti rotti delle monete, che sono quasi indivisibili a moneta per moneta, com'è detto (quali fatture, se ben le pongo per ferme, ancorché non fossero in osservazione cosí giuste e sotto il calcolo come le propongo, esse però erano cosí in circa, delle quali ne farò anco piú particolar menzione nel capitolo XLII: ma ciò ho detto per mostrare non solo alli giudiciosi, da' quali so che sará sanamente inteso questo ragionamento, ma anco a quelli, che non sono di cosí fatti maneggi a pieno capaci, la veritá di questo fatto, essendoché simili ordini erano e sono anco usati ed osservati nelle zeche di molte cittá e province): dico che, secondo la regola proposta, per ogni libra d'oro misto, ridotto in scudi di finezza di denari 22, che sono once 11 di oro puro, apprezzato lire 72 l'oncia, che ascendono alla somma di lire 792, vi entrano in corrispondenza once 132 d'argento fino.
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