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      E se bene, per li tempi passati, e dopo che fu diviso il regno de' romani e che fu partito il mondo e sottoposto a diversi prencipi, in alcune cittadi e province siano state fatte le monete cosí d'oro come d'argento a spese di chi le ha fatto fare; nondimeno, perché non fûrno compartite e fatte con le ragioni fondate sopra la corrispondenza di uno per dodici e dodici per uno, cosí delli pesi come delli valori, e con gli ordini universali, ma particolari e differenti da un luogo all'altro, però anch'esse sono sempre state guaste e fose da una cittá all'altra e da una provincia all'altra, per rifarne altre, sí come a tutti è cosa manifesta.
      Oltre di ciò, perché dubito che ad alcuni parerá cosa alquanto grave il pagare le fatture delle monete (quando però non vi fosse sopra ciò proveduto del modo che nel capitolo XII si tratta), con dire che nel farle fare costerá piú la fattura di una libra delle basse che delle fine, e che nel volerle poi spendere parerá loro che si perda piú per causa delle basse che delle fine; ora, discorrendo sopra questo fatto, dico che considerar si debbe che quel mercatante o altro ch'averá presso di sé, poniamo, libre dieci di pur'oro da far coniare, del quale se ne potranno fare circa scudi mille, non resterá per scudi dieci o circa di spesa di farlo ridurre in ducati o scudi, per poter fare i fatti suoi. E parimente colui ch'averá libre cento d'argento di coppella, che valerá scudi mille o circa, non resterá per lire 150 o 200 o circa, che si spendessero in farlo ridurre in monete di varie leghe, di far fare esse monete.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458