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      E se i romani, giá dominatori del mondo, faceano a loro spese tutti i danari che in quel tempo si spendeano, qual sará la cagione che i prencipi, i signori, le communitadi, le arti ed i particolari, quali tutti insieme rappresentano il prencipato de' romani, non possano ciò fare? E, sí come un prencipe, una communitá ed altri dánno provigioni a molte persone meritevoli per le virtú loro, perché non potranno anco ciò fare agli ingeniosi ed onorati zechieri? Onde poi ne seguirebbe ch'essi piglierebbono molto meno, per conto delle loro mercedi, debite per le fatture dei danari, di un tanto per libra, da coloro che mettessero gli ori e gli argenti in zeca per farli coniare, di quello che ad essi zechieri fosse concesso per capitulazioni dai superiori di poter tôrre, quando che non fosse dato loro annuo salario o provigione alcuna. E da quest'ordine venirebbe facilitato il modo di poter fare la zeca universale, dovendo concorrere a questa cosí alta e degna impresa le republiche ed i particolari senza discrepanza alcuna, come a cosa importantissima e giustissima, la quale veramente sará a beneficio commune e del publico e del privato. E, perché dubito che molti diranno che il far fare i danari sará cosa di grandissima spesa, a questo facilmente rispondendo, dico che, non dovendosi fare i danari se non una volta sola, che il cosí farli sará minor spesa di quello che si può pensare: e forse che nei campi di ogni cittá si raccogliano l'argento e l'oro? Ed avvertire si dee che si faranno solamente quelle poche o assai quantitá di danari nelle cittadi, che sará di volere di chi le governano, tanto per le memorie loro come per usarle nello spendere; e per ciò non si fará se non quella spesa che sará di loro volere.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458