Ora, discorrendo sopra le tasse particolari delle monete, dico che, se si volessero tassare alcune sorti di monete d'argento e poi lasciare le altre nei loro correnti valori, tal tassa riuscirebbe molto disuguale; e ciò per le disproporzioni che sono tra le monete giá fatte, cioè da una sorte all'altra, avendo però riguardo alla quantitá in peso del loro fino, il quale non si troverebbe proporzionalmente corrispondere in esse monete, per cagione delle loro fatture, che sono comprese nei valori alle monete dati. E perciò le monete cosí tassate non resterebbono ferme sotto simil tassa: percioché o che sarebbono in altri luoghi trasportate; overo che sarebbono altrove rifatte e poi riportate a spendere con qualche vantaggi, sotto titoli o nominazioni d'altri valori, nei luoghi ove fossero state cosí tassate; overo che sarebbono nascoste, finché venisse il tempo di poterle di nuovo spendere sotto i loro primi dati valori, e forse anco per maggiori. E credo che tal fatto sia occorso molte volte in molti luoghi a' tempi nostri. E quello che vien detto sopra le monete d'argento, simil considerazione si debbe anco avere per le monete d'oro sinora fatte.
VI
Del conteggiare a moneta imperiale.
E perché potrebbe forse parere ad alcuni, che sono soliti di conteggiare le monete con i titoli e nominazioni anticamente usate nelle patrie loro, il conteggiare esse monete sotto il titolo d'"imperiale", cioè le lire a soldi 20, ed i soldi a denari 12, dover esser cosa stravagante ed a loro quasi impossibile ad intendersi; or, perché l'autore, nel fare le prove sopra il conteggiare i danari, non ha potuto trovare titolo di valore d'altra sorte, che sia corrispondente ad uno per dodici e dodici per uno senza rotti alcuni, sí come è questo, ed essendo anco come quasi precetto di Dio, come nel capitolo XXX viene allegato: però dico che tutto il mondo dovrá con giusta ragione fare i conti delle monete sotto il detto titolo d'"imperiale": il che non potrá mai tornar danno a persona alcuna, né in particolare né in universale.
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Dio
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